Orologico Forum 3.0

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Orologi e Co... / Orologi vintage, moderni, contemporanei
« il: Gennaio 22, 2016, 13:10:52 pm »
La definizione di "vintage" , come tutte quelle convenzionali relative a periodizzazioni, non è certamente univoca: le convenzioni sono fatte per essere discusse.

Ma certamente non è "vintage"  tutto ciò che è fuori produzione o che - semplicisticamente - non viene prodotto da un certo numero di anni.

Il concetto di vintage  - che come sapete nasce del mondo dei vini e si è esteso ad ampi settori dei beni di consumo e persino delle rappresentazioni di costume - si nutre di caratteristiche precise, che fanno riferimento ad oggetti e/o rappresentazioni che costituiscono espressioni significative di un'epoca lontana  (sia pure non "antica"), con cui l'epoca attuale non ha più piena corrispondenza.

Nel campo dei vini, quindi, non sono vintage tutti i vini di vendemmie precedenti alla corrente (cioè tutti i vini non novelli!), ma solo quelli di annate lontane e significative.

Nel campo delle automobili non sono vintage la fiat Punto o la Golf serie V, ma la vecchia 500 e il vecchio Maggiolone.

Semplificando (e riprendendo la definizione del vocabolario Treccani), potremmo definire "vintage" tutto ciò che è "d'epoca" ed evoca "periodi remoti".

Tra tutto ciò che non è "d'epoca", quindi più recente, si è soliti poi fare un'ulteriore distinzione: "moderno" (che è prossimo alla nostra epoca, o anche interno ad essa ma non più pienamente espressivo della stessa) e "contemporaneo" (che è espressivo della nostra epoca).

Si badi bene: anche il concetto di "contemporaneo" non può essere confinato a ciò che è nella produzione del momento, che è a listino: altrimenti sarebbe confuso con la moda, sarebbe un concetto effimero, continuamente mutevole, inutile ad ogni periodizzazione.
"Contemporaneo" è ciò che ha acquisito un minimo di stabilità. Basti pensare che, nello studio della storia, il passaggio tra Età Moderna ed Età Contemporanea viene fatto risalire alla Rivoluzione francese o al Congresso di Vienna...

L'individuazione concreta di queste periodizzazioni, cioè la definizione di periodi storici ben precisi, cambia da settore a settore (abbigliamento, auto, orologi), perché le date di passaggio significative, simboliche, non sono uguali.
A volte leggiamo che è vintage ciò che ha "più di vent'anni", ma si tratta di una definizione errata e superficiale.

Nel campo degli orologi da polso, dunque, ritengo possa essere ripresa una periodizzazione che mi è già capitato di leggere, sia pure formulata con una qualche approssimazione, e che ritengo possa essere meglio formalizzata e definita se abbiamo le idee ben chiare sui concetti espressi.
Ritengo che questo forum, che non è frequentato da spasimanti della ghiera verde che riciclano concetti da Wikipedia, potrebbe anche dare un contributo importante a questo tipo di formalizzazione.

Io provo a chiarirla così:

1. "vintage" sono gli orologi pre-quarzo (fino a tutti gli anni Settanta?);

2. "moderni" quelli degli anni prodotti dall'inizio degli anni Ottanta (gli anni della "rinascita") sino a metà degli anni Duemila (quelli in cui è iniziato il distacco dallo stile classico, con l'aumento dei diametri, ecc.);

3. "contemporanei" gli orologi "attuali", dal 2005 ad oggi, al di là della loro presenza in listino (che spesso è soggetta a mutamenti di scarso rilievo).

Il passaggio dal periodo 2 al 3 a me sembra concettualmente abbastanza chiaro, benché non sia possibile definire una data precisa (non c'è stato - o non so trovare io - un evento "epocale" che ha condotto ai nuovi orologi appariscenti e sovradimensionati).

Più dubbio il passaggio dal primo al secondo periodo, dal vintage al moderno (tanto che ho usato il punto interrogativo in merito all'inclusione degli anni Settanta).
Se diamo grande  risalto agli orologi al quarzo, dovremo considerarli orologi di una nuova epoca, e quindi ritenere che facciano parte - con il decennio che li ha visti affermarsi - dell'epoca "moderna" (anche se i primi quarzi sono decisamente diversi dai più recenti).
Se invece focalizziamo l'obiettivo sull'orologeria meccanica, dobbiamo ritenere che gli anni Settanta - privi di sostanziali novità, se non per il Royal Oak e i suoi epigoni - siano una coda dell'epoca vintage e che per avere un cambio di scenario generale del settore bisogna attendere lo Swatch e il traino che ha avuto per la rinascita dell'orologeria svizzera.

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Orologi e Co... / Habemus teatralem! (Presentazione)
« il: Gennaio 19, 2016, 14:15:14 pm »
È arrivato l’orologio “da teatro” per cui avevo chiesto consiglio qualche tempo fa.  :D

La ricerca non è stata facile, visti i vincoli che mi ero posto: “Quello costa troppo, quell’altro è troppo grande/spesso, quell’altro ancora non è in buone condizioni, di questo non mi piacciono le anse…”

Dopo alcuni mesi di monitoraggio fitto della rete (cominciato sin da prima dell’apertura di quel topic ), sono arrivato… al punto di partenza! Forse perché il primo amore non si scorda mai…
No, non ho preso il Breguet 3130…  :P   Ma si tratta in ogni caso di uno degli orologi su cui avevo puntato gli occhi da tempo:

Blancpain calendario completo (ref. 6595) in oro giallo:



Foto con la luce artificiale (perdonate le mie ridotte attitudini di fotografo), perché un “teatrale” è a suo agio anche di sera…  :)

Il cinturino vorrei cambiarlo con uno in alligatore, di un marrone leggermente più scuro; probabilmente a finitura lucida.

L’acquisto è figlio del forum: quando Gekko (che ringrazio) ci ha segnalato la vendita di alcuni orologi fuori produzione, ma nuovi, presso un gioielliere della sua città, ho letto che tra questi c’era anche il “mio” Blancpain: mi sono informato e, dopo un po’ di trattativa, l’ho preso.

Ho sforato il budget, certo. Però, a un prezzo che ritengo congruo (di poco superiore alle quotazioni dell’usato, più IVA…), ho un orologio integro, sia esternamente sia nel meccanismo: al cronocomparatore è ok, anche se inevitabilmente da revisionare (l’amplitudine è un po’ bassa), visto che è stato prodotto circa vent’anni fa.
Ho anche la garanzia della casa (teoricamente attiva …), il “corredino” (il libretto d’istruzioni è sempre prezioso) e… l’affissione di giorno e mese in italiano (particolare che non disdegno)!
Certo, se avessi in animo di rivenderlo sarebbe stato un pessimo affare. Ma io sono pigro, e le cose le compro per tenerle.

Il venditore è stato molto cortese: me l’ha fatto portare qui a Roma da un suo emissario.

Il calibro 6595 montato da questa referenza è un automatico monodirezionale con modulo calendario completo 65 su movimento base Frédéric Piguet 9.51, come spiegato da Ermanno in altri lidi (a dire il vero tempo dopo, negli stessi lidi, Angelo riportò un’analisi di Carlos Perez che parlava di F.P. 953. Si tratta di aggiornamenti dello stesso movimento?).

Debbo ringraziare ovviamente i forumisti più esperti, perché è da loro che ho imparato ad apprezzare questa tipologia di orologi.

Magari ora qualcuno mi dirà che era meglio il calibro 6553 (basato sul F.P. 1153) o che con uno sforzo ulteriore potevo arrivare a un perpetuale…  ;D

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Orologi e Co... / Scale graduate
« il: Gennaio 16, 2016, 16:15:08 pm »
Ieri in ufficio osservavo con il proprietario il quadrante di questo bell’orologio (un Altanus crono-calendario con calibro Valjoux).



In particolare, ragionavamo sulle scale graduate disegnate sul quadrante.

La più esterna, nera, è il giro dei secondi.
Al suo interno, in rosso, c’è una scala tachimetrica.
I dubbi sono sorti su quella ancora più interna, in blu…

Non è una scala telemetrica.
Potrebbe essere una scala medicale (pulsometrica, asmometrica)? Una scala di produzione?
Il problema è che gli intervalli dei valori non corrispondono ad altre scale che ho visto. Qui non è specificata la “base", cioè la graduazione di riferimento (il valore esterno che deve essere misurato dall’osservatore, e quindi rapportato ai secondi trascorsi e al valore corrispondente della scala); e anche ipotizzando diverse possibilità, non mi tornano i conti…

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Orologi e Co... / L’assistenza delle case produttrici
« il: Dicembre 23, 2015, 16:01:50 pm »
La mia recente esperienza - positiva – con l’assistenza della casa per la riparazione di un orologio mi ha suggerito di aprire una discussione sul tema, nella quale potrebbero confrontarsi le diverse esperienze.
(Alessandro (alanford) ha bisogno di un topic a parte sui suoi rapporti con Girard-Perregaux  :P, ma se ha voglia di riproporne qui un sunto… )

Dunque: sappiamo che a volte non è possibile far riparare un orologio da un orologiaio indipendente, ma è necessario rivolgersi alla casa madre: perché l’orologio è in garanzia, perché incassa un calibro molto particolare, perché non si trova un certo ricambio, ecc.

Sappiamo anche che, in generale, l’assistenza delle case produttrici lascia a desiderare, soprattutto per tempi e - se l'orologio non è in garanzia - costi.

Però ritengo che non sia utile mettere tutto in unico calderone…

Non è utile per gli appassionati, che hanno interesse a scambiarsi conoscenze e a sapere se ci sono differenze di trattamento (che potrebbero essere episodiche, ma anche no) in casi differenti: tra diversi gruppi proprietari; tra i diversi marchi dello stesso gruppo (che possono attuare una politica di assistenza differenziata, magari in base alla fascia di mercato in cui sono posizionati); tra produttori industriali e produttori "indipendenti"; tra orologi in garanzia e fuori garanzia; tra orologi di produzione più o meno recente; ecc.

Un giudizio indistinto, a mio parere, non è utile nemmeno per le case produttrici, perché soffoca ogni spinta al miglioramento (che in molti settori merceologici è già avanzata), in quanto non valorizza lo sforzo di quelle che cercano di proporre politiche (anche timide) di customer satisfaction; non fa emergere le “buone pratiche” di assistenza (che spesso sono meno costose e impegnative di quanto si possa pensare); abbassa le aspettative degli stessi clienti, che partono già rassegnati all’idea che “tanto bisogna aspettare mesi e prepararsi a pagare cifre spropositate”.

Il mio invito, quindi, è di proporre la propria esperienza con le case produttrici, nei casi in cui ci è capitato di inviare, in epoca relativamente recente, un orologio in assistenza.
Se ne è già parlato in molti topic, ma mi sembra che non ne esista uno specifico in cui mettere a confronto una molteplicità di casi diversi: potremmo scoprire omogeneità o difformità, cercar di capire se le eventuali diversità di trattamento siano occasionali o esprimano una linea di tendenza.

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Orologi e Co... / Orologio "da teatro"
« il: Novembre 17, 2015, 08:24:15 am »
Riprendo questa efficace (a mio avviso  ;) ) espressione di massotto per definire il prossimo l’orologio che mi piacerebbe possedere…

L’orologio “da teatro”, per come lo intendo io, si distingue da quello “da cerimonia”.

L’eleganza di quest’ultimo si manifesta nella sobrietà assoluta, nella linearità, nella semplicità: per me sono “da cerimonia” gli ultrapiatti di diametro assai contenuto (32-34 mm), solo tempo (senza data né secondi centrali, tutt’al più secondina periferica), in metallo nobile (io li preferisco in oro bianco o platino, anche se la tradizione declina spesso questa tipologia in oro giallo).

L'orologio "da teatro", invece, è quello adatto a un evento formale ma leggero, a un'occasione in cui si respira un'atmosfera al tempo stesso sofisticata e rilassante (non solo, ovviamente, la vera e propria serata a teatro).
Ha un’eleganza più ricercata di quello da cerimonia, anche se mai barocca:
-   una cassa che può avere una forma particolare: a moneta, scanalata, con anse “voluttuose” ( :P );
-   un diametro che resta contenuto, sia pure in rapporto a una tipologia di segnatempo che sta bene sotto un polsino ma non vuole completamente nascondersi: diciamo 34-37 mm. Lo spessore, proporzionato, sia aggira sugli 8 mm, anche per dare ospitalità a qualche complicazione (ma non cronografica);
-   il materiale nobile di elezione è l’oro: giallo o – ancor meglio – rosa (metallo che evoca le serate mondane, per quanto meno impiegato negli orologi di qualche anno fa);
-   il calibro – anche se non pongo l’eccellenza meccanica in cima alla lista dei requisiti - dovrebbe avere una sua originalità, un suo pregio, una sua “storia”;
-   il quadrante deve essere “prezioso” (sia pure senza eccessi): per le decorazioni guilloché o per gli indici applicati o per la presenza di smalti o per un contatore ben rifinito o per…
-   il colore del quadrante deve ovviamente essere chiaro, per valorizzare le finiture;
-   ma, soprattutto, un orologio da teatro ha… le fasi lunari! Penso che siano il sogno un po’ infantile di chiunque si accosti al mondo degli orologi; prima di passare oltre, bisogna pur realizzarlo…  :)

L’orologio “teatrale” per eccellenza, insomma, è questo:




Problema risolto?

Piccolo dettaglio: il prezzo…  :'(

Il “mio” orologio da teatro – usato, ovviamente - dovrebbe restare sotto i 3.000 euro…
Cifra a cui si abbattono le possibili alternative…  :(

Missione impossibile?
E qui mi appello agli amici forumisti che hanno impresso in mente il catalogo universale dei più fantastici orologi di ogni epoca (ma diciamo soprattutto degli anni ’90, periodo che anch’io prediligo): molti orologi che non conosco hanno senz’altro le caratteristiche descritte!
Mi appello a Ermanno, che ha recentemente lanciato la sfida degli orologi di pregio sotto la fatidica soglia che ho indicato.  ;)

Per quanto mi consta, in questa fascia di prezzo potrebbe essere accessibile qualche calendario completo perpetuo, come il Blancpain:




Sempre in casa Blancpain, c’è il modello con affissione digitale di giorno e mese (uno va in asta tra pochi giorni):




A me piace anche il Chronoswiss Lunar in oro rosa della vecchia referenza, che però, oltre a riprendere in maniera forse troppo smaccata lo stile Breguet, ha dimensioni leggermente eccessive (diametro 38, spessore 10) e prezzi al momento anabolizzati:




Con uno sforzo in più forse si arriva anche a qualche JLC Odysseus (sebbene molti abbiano una linea un po' anonima).

L’Ebel non mi piace: le viti sulla lunetta lo rendono troppo “ruvido”.

E poi?  :-\


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Orologi ... Vintage / Longines 6888
« il: Settembre 14, 2015, 23:12:05 pm »
Vorrei chiedere qualche notizia sull’orologio che era di mio padre, un Longines manuale in oro giallo.

Il diametro è di 34,5 mm, lo spessore di 7. Nonostante le dimensioni standard (per l’epoca), è stata utilizzata una discreta ciambella…

Nelle foto che posto, l’orologio ha un cinturino in lucertola, ma all’origine aveva un bracciale a maglia milanese placcato oro.

Fu acquistato nel 1968 e ne è stato conservato il libretto di garanzia, in cui si legge che la referenza è la n.6888, mentre il n. seriale del movimento è il 291182.

Il calibro è il 23 Z, di cui ho letto le caratteristiche su http://www.ranfft.de/cgi-bin/bidfun-db.cgi?10&ranfft&&2uswk&Longines_23Z.
Dall'aspetto mi sembra molto essenziale...

Era di manifattura, vero?
Se non sbaglio, la maison ha iniziato a utilizzare anche movimenti Valjoux nei primi anni ’70, per poi perdere definitivamente lo status di manifattura nel 1984, quando la produzione di tutti i movimenti fu affidata a ETA.

Sapete se questo calibro ha una storia particolare?

Sulla parte interna del fondello leggo i numeri 45 – 6667 – 16: che cosa indicano? Il 6667 potrebbe essere il seriale della cassa, considerato che è riportato anche in una targhetta acclusa alla garanzia?

Sempre in questa targhetta, oltre alla sigla del calibro (23 Z), trovo un altro numero: 10848245. Questo dovrebbe essere il seriale progressivo di tutti gli orologi Longines (o dei movimenti?), e indicare quindi che l’esemplare è stato prodotto nel 1958 (http://watchestobuy.com/serialnumbers/longinesserial/).

Del modello conosco solo il numero della referenza, ma mi domando: all’epoca – anni Sessanta – si usava già dare un nome alle collezioni e ai diversi modelli di una collezione?

Grazie

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Orologi e Co... / Aste di orologi
« il: Agosto 25, 2015, 19:42:15 pm »
La discussione sul Patek 5370 ha toccato marginalmente alcuni aspetti relativi alle aste, che penso potrebbe essere interessante approfondire (soprattutto per chi ha meno dimestichezza con quel mondo) senza andare OT in quella discussione.

1) La questione che avevo sollevato era relativa innanzitutto al prezzo visualizzato nei listini di aggiudicazione.

Io ero convinto che in genere fossero riportati i prezzi al netto dei diritti d’asta (commissioni d'acquisto), quindi da ricaricare di un 20-25%, percentuale che può dipendere da casa d’aste e importo del lotto.
(A determinare la forbice - più ampia - tra prezzo pagato dall'acquirente e somma ottenuta dal venditore concorrono poi altri fattori, in primo luogo le commissioni di vendita, che possono variare – come è stato osservato – in base ai margini di contrattazione di cui dispone il venditore: quantità/qualità dei pezzi messi in vendita, rapporti con la casa d’aste, ecc. Ci sono poi i diritti doganali, altre spese eventuali, ecc.)

Mi è stato fatto rilevare che non sempre è così…

In effetti, andando velocemente a guardare i listini di alcune case d’asta, mi sembra che le modalità di pubblicazione dei prezzi di aggiudicazione siano variabili: Meeting Art – che mi ha indotto in “errore” perché è una di quelle che consulto più spesso - pubblica il prezzo “al martello” (al netto dei diritti), Antiquorum li pubblica entrambi (al netto e al lordo), Sotheby's mi sembra che indichi solo il prezzo lordo (non è specificato nella sezione delle aggiudicazioni, ma nel motore di ricerca interno), Christie’s e Auctionata/Chrono24 solo il prezzo lordo…
Insomma: più spesso il prezzo lordo, ma è bene verificare caso per caso. Dico bene?


2) Come strumenti di consultazione “riassuntivi” delle aggiudicazioni delle diverse case d’asta do spesso un’occhiata a  collectorsquare.com  e  montres.lepoint.fr: li ritenete strumenti validi? Ne esistono altri?

I prezzi di aggiudicazione pubblicati nei loro database – per quanto vi risulta – sono tutti al lordo dei diritti (come appare da alcuni controlli casuali che ho effettuato incrociando il valore riportato con quello risultante – per lo stesso lotto – nel sito ufficiale della casa d’aste) o si basano sui dati forniti dalle singole case (quindi tipologia “variabile”)?


3) Ho indicato le case d’asta principali… Secondo la vostra esperienza, una vale l’altra o qualcuna è da preferire/escludere per qualche motivo particolare (serietà, costi, garanzie offerte all’acquirente, facilità di partecipazione alle aste on line, ecc.)?

Sono da prendere in considerazione altre case d’asta?
All'estero (pesco nel mucchio...): Aguttes, Artcurial, Bonhams, Cornette de Saint Cyr, Gros & Delettrez, Heritage, Hôtel des ventes de Monte-Carlo, Pestel-Debord, Phillips, Tajan…
In Italia: Il Ponte, … ?


4) Sappiamo che è sempre da preferire l’acquisto dopo aver esaminato personalmente un orologio, soprattutto se si ha in animo di spendere cifre importanti.
Però, per acquisti di importo limitato, il gioco può non valere la candela (spese e tempo per la trasferta)...

Le aste on line richiedono a vostro avviso accortezze particolari (al di là dell’ovvia necessità di formulare preventivamente le domande ritenute necessarie su caratteristiche/condizioni dell’orologio oggetto di attenzione)?


5) Non ho ben compreso il senso di un post (nella discussione sul Patek 5370):

Sul fatto delle aste non intervengo, ogni tanto vado a curiosare da Meeting ma il fatto di dover lasciare quasi gratuitamente loro la commissione mi frena sempre... invero ho acquistato tempo fa un disegno a matita, ma orologi proprio non ci riesco.

Che intendevi?


6) Ogni altra osservazione o esperienza sul mondo delle aste è ovviamente benvenuta…  :), ,

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Orologi e Co... / Cinturino estivo… confortevole!
« il: Agosto 07, 2015, 17:01:48 pm »
Classico argomento di stagione… trito e ritrito?

Rileggendo le discussioni già sviluppatesi (peraltro un po’ vecchiotte), devo dire di non essere restato pienamente soddisfatto delle soluzioni normalmente suggerite.

In effetti, la domanda di partenza solitamente è: “D’estate i cinturini in pelle si impregnano di sudore e si rovinano; che alternative esistono?”

La sintesi delle risposte è: “Per gli orologi formali l’unica alternativa possibile, in alcuni casi, è il bracciale in metallo, preferibilmente a maglia fine. Per gli sportivi le possibilità sono tante: non solo bracciale, ma anche cinturini in silicone, in caucciù, in nylon (NATO), in cordura… il polso suda lo stesso, ma almeno questi cinturini si possono lavare e non si rovinano”.
Ecco, è proprio l’espressione che ho evidenziato in corsivo che mi disturba: “il polso suda lo stesso”…

Insomma, mi sembrano soluzioni che si rifugiano nella “praticità” (salvaguardare il cinturino/bracciale), rinunciando alla “confortevolezza”; da qui il titolo che ho dato a questa discussione.

Peraltro, aggiungo che a me il metallo, la gomma e i materiali sintetici tendono a procurare allergia, fenomeno che si amplifica col caldo e col sudore.
Tra tutti continuo a sopportare meglio la pelle, anche se so che usandola nel periodo estivo accorcio notevolmente la vita del cinturino (nonostante cerchi di pulirlo).

Per cui ripropongo il topic, in una prospettiva leggermente diversa: qualcuno ha sperimentato soluzioni estive che - riducendo il ristagno del sudore o i rischi di reazioni allergiche - siano capaci di aumentare la sensazione di benessere al polso?

Per gli orologi sportivi, ad esempio, io mi sto orientando sul cinturino in canvas.
È in tessuto (quindi traspirante) e di puro cotone (fibra naturale ed estiva per eccellenza). Se ben realizzato (quindi con fori ben rifiniti), senza imbottiture (magari doppiato) e senza inserti in pelle né fodera interna, risulta facilmente lavabile. Non è eterno, a differenza del nylon, ma cambiarlo ogni tanto non mi sembra un prezzo troppo alto da pagare.
Purtroppo non è facile trovare chi li fa su misura (io ho il polso piccolo  :P ).

Del cinturino in pelle di squalo – soluzione che non ho mai sperimentato, ovviamente pensata per i divers - che mi dite? Resiste all’acqua di mare (se poi ben risciacquato, ovviamente)… ma anche all’acido del sudore?

Per gli orologi formali : ritenete che una soluzione di compromesso possano essere - almeno fino ad un certo livello - modelli come gli Hirsch Performance ?
Esterno in pelle impermeabilizzata (e salviamo l’estetica); interno sì in gomma, che però è caucciù anallergico (dicono) e con un profilo scanalato, e quindi più areato, che non comprime per intero il polso. (E fanno anche le versioni di lunghezza ridotta…  :) )


Un’ultima domanda è relativa non alla scelta, ma alla manutenzione dei cinturini in pelle: io li pulisco, quando iniziano ad essere un po’ usati, con latte detergente.
Però si perdono la morbidezza e l’odore naturale della pelle…
Voi usate altri trucchi di prevenzione/cura o vi limitate ad attendere il momento di gettarli via?

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Orologi e Co... / Le dimensioni degli orologi
« il: Luglio 29, 2015, 00:04:24 am »
Alla fine mi sono deciso ad aprire una discussione sul diametro degli orologi.  :o

Beh, ho constatato che questo tema riemerge in quasi tutte le discussioni.
Però in maniera frammentaria, poiché gli off-topic non consentono l’approfondimento e rischiano di far scadere il confronto in schermaglia.

Inizio dalla posizione di chi sostiene che gli orologi  da polso devono avere dimensioni equilibrate, che sono quelle "classiche".

Questo “equilibrio” si traduce innanzitutto in un diametro della cassa che dovrebbe rientrare in misure ormai “canoniche” per le diverse tipologie di orologio, consolidate in epoca classica e notevolmente inferiori a quelle oggi di moda. Lo spessore dovrebbe essere conseguente, proporzionato al diametro.

Il diametro, quindi, è il cuore della questione. Quali sarebbero queste misure canoniche, in concreto?

Riporto una citazione di erm2833 (Ermanno) tratta da altra discussione:

I 33-35 mm sono per me l'ideale per gli orologi ultrapiatti, per gli squelette, per i calendari siano essi completi o perpetui.
Con l'eccezione del Blancpain 1185 li ritengo pochi per un chrono o per un chrono-perpetuo.
Per gli sportivi puri vanno benissimo i 38-40.
In sintesi ogni orologio ha il suo diametro ideale...

Non penso di travisare il pensiero di Ermanno se interpreto che queste misure sono un riferimento, suscettibile di leggeri adattamenti (lui stesso ne suggerisce uno per un calibro Blancpain) in situazioni particolari. Peraltro, ho citato un testo scritto in un altro contesto, che probabilmente lo stesso autore potrebbe ampliare e fare oggetto di precisazioni.

Le misure variano leggermente in funzione della tipologia di orologio, perché variano alcune caratteristiche costruttive (dimensioni del movimento in base alle complicazioni presenti, guarnizioni, protezioni, ecc.) o alcune esigenze legate alla destinazione d'impiego dell'orologio. Si potrebbero fare considerazioni approfondite per ogni tipologia di segnatempo.
Ma ci si muove, in ogni caso, in un'ampiezza di misure ben definita e contenuta.

Questa “corrente di pensiero” mi sembra trovare più di un consenso (io per ultimo…  :P ) in questo forum, con le sfumature che ognuno potrebbe aggiungere (ad esempio, ricordo che ciaca ha parlato dei 42 mm come misura massima, secondo lui, per gli sportivi).

Gli orologi della produzione attuale sono quasi tutti più grandi?
“Pazienza”, risponde chi sostiene l’importanza dei diametri classici: “non rinunciamo a esprimere la nostra opinione, cerchiamo di valorizzare quello che di buono ancora viene proposto, consoliamoci con il ben di Dio che c’è nell’usato”.

Altri, invece, sostengono che gli orologi da polso devono avere sì dimensioni equilibrate, che non sono però necessariamente quelle “classiche”. Secondo costoro possono essere accettabili, in molti casi, misure superiori a quelle classiche, anche per una questione di realismo nei confronti della tendenza ormai generalizzata e per non precludersi la possibilità di apprezzare le novità positive della produzione attuale.

Altri ancora sostengono che il pregio di un orologio non ha nulla a che vedere con le misure.

O, addirittura, che le misure sono importanti… perché devono essere grandi!  "Basta con orologini vintage e da donna!” (Su questo forum non ricordo di aver letto interventi così netti, ma sicuramente è una tesi che ha i suoi estimatori, se è vero che è capace di orientare il mercato...)

Tralasciando la questione del gusto personale – ognuno scelga l’orologio che preferisce, a me sembra ovvio… -, mi interesserebbe capire meglio le ragioni della prima posizione: cioè perché alcuni diametri (in genere più contenuti) siano da preferire.

Le ragioni possibili mi sembrano:

1) “I diametri ‘classici’ si sono consolidati nei decenni, attraverso l’apporto di grandi geni nel campo della tecnica e dello stile. Non disperdiamo questo patrimonio, soprattutto perché non sembra emersa una nuova estetica in grado di sostituire la precedente”.

Tesi interessante, anche se forse limitativa: probabilmente sarebbe utile cercare di capire come si è giunti ai canoni classici; e, di conseguenza, se possono essere ritenuti ancora attuali (o solo espressione nostalgica).

2) “I diametri ‘classici’ consentono il miglior equilibrio e la miglior proporzione tra le parti dell’orologio”.

Tesi debole… Se prendiamo un orologio da 34 mm, ed ingrandiamo non solo la cassa, ma in proporzione tutte le altre componenti (anche interne al quadrante), il risultato – in termini di equilibrio reciproco delle parti – sarà identico. Tanto che in fotografia può capitare che non sappiamo distinguere un 34 da un 43 mm…

3) “I diametri classici consentono il miglior equilibrio della componente estetica con quella tecnica; della cassa col movimento”.

Leggo spesso, a sostegno di questa tesi, che oggi abbiamo casse – e diametri - troppo grandi rispetto al movimento incassato, con conseguenze estetiche sgradevoli: datari e compax troppo accentrati nel quadrante; “ciambelle” necessarie ad occupare lo spazio lasciato libero dal movimento”; ecc.

Sono osservazioni certamente fondate, anche se mi sembra che le maisons si stiano adeguando… nella direzione opposta a quella auspicata! Infatti, per rendere più omogenei cassa e movimento, anziché ridurre le casse stanno ingrandendo i calibri.
Un esempio che mi ha colpito è la recente presentazione del nuovo calibro Élite 6150 della Zenith, opportunamente ingrandito per adeguarlo ai tempi “moderni”: si passa dai 25,60 mm della Serie 6 degli anni ’90 agli attuali 30 mm…

Per cui la tesi n.3 avrebbe forse bisogno di una precisazione:

3 bis) “I diametri classici consentono il miglior equilibrio della cassa col movimento, allorché il movimento è sufficientemente miniaturizzato e presenta quindi un reale pregio tecnico”.

In questo modo avremmo forse posto un argine (concettuale) alla deriva dei diametri verso l’alto.
Ma… verso il basso?

Movimenti ancora più piccoli, che consentano ad esempio casse sotto i 30 mm senza apprezzabili diminuzioni della precisione cronometrica, potrebbero essere espressione di un pregio ancora maggiore!

A meno che non entri in gioco la compensazione con un altro fattore, come la “leggibilità”…, ovviamente legata alla tipologia di affissione e alla destinazione d'impiego dell'orologio. Per cui servirebbe un’ulteriore precisazione, per arrivare forse alla tesi “finale”:

3 ter) “I diametri classici consentono il miglior equilibrio della cassa col movimento, costituendo il miglior compromesso tra un movimento pregevolmente miniaturizzato e un quadrante sufficientemente leggibile”.

Che cosa ne dicono gli esperti?

A dire il vero, io prenderei in considerazione anche un ulteriore aspetto, non ultimo per importanza:

4) “I diametri classici esaltano l’indossabilità di un orologio, poiché esprimono anche il miglior equilibrio con le dimensioni del polso”.

Si tratta di una tesi che si aggiunge alla precedente e che, per esempio, fonda la distinzione tra i diversi diametri di orologi maschili e femminili. Del resto, è elementare osservare che ognuno, di un orologio, guarda innanzitutto “come sta al polso”.
Di contro, bisogna osservare che il concetto di indossabilità è condizionato dal concetto di eleganza: ciò che era considerato troppo grande ieri può sembrare equilibrato - o addirittura piccolo – oggi (perché si ha un diverso concetto di eleganza o... perché la si ritiene superata in nome della “disinvoltura”!).


Lascio quindi la parola a chi abbia avuto la pazienza di arrivare fino in fondo e abbia voglia di approfondire, argomentare meglio… evidenziare le fesserie che ho scritto!  :P

Sperando che questo non sia il mio ultimo post prima di esser bannato da Orologico…  ;D

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Orologi e Co... / Orologio stile militare da 34-39 mm
« il: Giugno 11, 2015, 15:12:40 pm »
Salve a tutti.

Sono un nuovo iscritto di questo forum, che però già da qualche tempo seguo con interesse. Inoltre, in passato, ho avuto modo in “altra sede” di partecipare a discussioni in cui ho potuto apprezzare lo spessore degli interventi – per me neofita, davvero illuminanti – di alcuni appassionati che oggi sono tra le colonne di Orologico.

Il mio esordio, come spesso avviene, è per la richiesta di un consiglio…
Ho deciso di regalarmi un “muletto” in stile militare, che dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

- nuovo o usato (indifferente, anche se la tipologia che cerco mi sembra reperibile quasi solo sul nuovo);
- meccanico (ok sia manuale sia automatico, purché non abbia “stranezze” nel meccanismo di carica tipo quella dei Seiko automatici di fascia bassa, che non hanno la possibilità di effettuare manualmente la prima carica…);
- no agli orientali: so che hanno un eccellente rapporto qualità/prezzo, ma purtroppo non mi affascinano;
- diametro massimo di 39 mm, con spessore non eccessivo (per esigenze legate al mio polso piccolo, innanzitutto, ma anche perché in generale preferisco i segnatempo di dimensioni equilibrate; nel caso dei militari, poi, mi sembra che queste dimensioni conferiscano anche un certo sapore vintage, che a me piace molto). So che questo requisito è purtroppo, oggigiorno, molto limitante…
- budget di 500 euro: e qui (avendo escluso gli orientali) ho finito di sfrondare la lista dei papabili! Spero però di non aver anche scoraggiato dal consigliarmi gli appassionati che sono abituati a tenere in considerazione orologi di ben altra caratura…  :(  Il fatto è che, essendo già di partenza il mio budget limitato, non me la sento di sostenere spese importanti per un orologio che vorrei utilizzare senza l’ansia che si rovini, o che vada smarrito se lo tolgo dal polso per preservarlo in momenti critici.
(Nota per i moderatori: ho aperto la discussione in questa categoria, anziché in quella degli orologi low cost, perché come detto sono aperto all’ipotesi di orologi usati, che da nuovi sarebbero in una fascia di prezzo ben superiore a quella indicata. Lascio ovviamente a voi decidere se è opportuno uno spostamento della discussione);
- quadrante bianco o nero (no altri colori);
- numeri arabi;
- un requisito ulteriore gradito, anche se non necessario, sono i numeri e le lancette luminescenti, color giallo/verdino (anche qui perché mi sembra contribuiscano a creare il sapore di un militare vintage);
- data;
- cassa in acciaio;
- vetro zaffiro o, al limite, minerale (no plexigas: qui rinuncio al vintage…  ;) ) ;
- WR almeno 5 atm;
- cinturino (no bracciale).

Dopo la mia prima istruttoria in rete, sono restati in pista solo due candidati (le cui immagini sono allegate in fondo al post, perché… non ho capito come inserirle nel punto desiderato! ):

- l’Hamilton Khaki Field autom. da 38 mm, WR 10atm, vetro zaffiro, che nella ref. H70455733 si trova nuovo a 300€;

- il Glycine Combat 6 automatico da 36mm, WR 5atm, vetro zaffiro leggermente bombato, che nella ref. 3916.19AT-LB7BH si trova nuovo a circa 500€ (l’immagine che posto ha il cinturino nero, la referenza che ho indicato ce l’ha marrone).

A favore dell’Hamilton gioca ovviamente il prezzo, nonché la maggiore resistenza all’acqua e la carrure satinata (che renderebbe meno evidenti eventuali graffi).
A favore del Glycine la dimensione più contenuta (anche nello spessore) e lo stile più vintage (bello il colore dei numeri e delle lancette).
I calibri mi pare siano simili, su finiture e qualità costruttiva non mi pronuncio…

Ci sarebbe anche il Fortis Flieger Automatic Pilot da 34mm, che però non mi convince: lunetta troppo sottile, spessore eccessivo.

Che ne dite degli orologi che ho individuato?

Altre idee sul genere “militare”, vicine ai parametri indicati?

Grazie

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