Orologico Forum 3.0

Passione da coltivare: chez Voutilainen

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #330 il: Novembre 18, 2017, 11:40:27 am »
Un domani domani magari dallo pure a me il Retrograde...  :D
Non c'è nulla di nobile nell'essere superiore a qualcun'altro.
La vera nobiltà è essere superiore a chi eravamo ieri.
-Samuel Johnson-

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #331 il: Novembre 18, 2017, 12:12:25 pm »
Un domani domani magari dallo pure a me il Retrograde...  :D

un abominio di solo tempo da ben 11mm??? FOLLE!!  :D :D :D

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #332 il: Novembre 18, 2017, 12:32:41 pm »
Un domani domani magari dallo pure a me il Retrograde...  :D

un abominio di solo tempo da ben 11mm??? FOLLE!!  :D :D :D

Ci sono le eccezioni ;D
Non c'è nulla di nobile nell'essere superiore a qualcun'altro.
La vera nobiltà è essere superiore a chi eravamo ieri.
-Samuel Johnson-

Errol

  • *****
  • 3666
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #333 il: Novembre 18, 2017, 12:43:41 pm »
Grosso è bello....
        

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #334 il: Novembre 18, 2017, 12:48:58 pm »
Grosso è bello....

Per uno coi tuoi "gusti particolari" magari si...  :P
Non c'è nulla di nobile nell'essere superiore a qualcun'altro.
La vera nobiltà è essere superiore a chi eravamo ieri.
-Samuel Johnson-

Errol

  • *****
  • 3666
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #335 il: Novembre 18, 2017, 12:57:11 pm »
Grosso è bello....

Per uno coi tuoi "gusti particolari" magari si...  :P

Si si....
        

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #336 il: Novembre 19, 2017, 19:06:44 pm »
OT su un altro grande indipendente (probabilmente tecnicamente il più grande orologiaio vivente): articolo impressionante del 2010

https://www.watchtime.com/featured/an-afternoon-with-christophe-claret/

Bertroo

  • *****
  • 33982
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #337 il: Novembre 19, 2017, 19:22:13 pm »
Claret e’ il mio preferito. Ma purtroppo e’ roba da emiri arabi.
Qui partiamo da cinque zeri in su...e non basta nemmeno un 1 vicino a quei cinque zeri!

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #338 il: Novembre 19, 2017, 19:24:15 pm »
Claret e’ il mio preferito. Ma purtroppo e’ roba da emiri arabi.
Qui partiamo da cinque zeri in su...e non basta nemmeno un 1 vicino a quei cinque zeri!

...purtroppo! e la cosa incredibile è che vende anche bene!!!

Bertroo

  • *****
  • 33982
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #339 il: Novembre 19, 2017, 19:39:06 pm »
Claret e’ il mio preferito. Ma purtroppo e’ roba da emiri arabi.
Qui partiamo da cinque zeri in su...e non basta nemmeno un 1 vicino a quei cinque zeri!

...purtroppo! e la cosa incredibile è che vende anche bene!!!

Non stento a crederci. Di milionari ne è pieno il mondo.
Se ci metti poi anche le collaborazioni con le grandi case...

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #340 il: Novembre 19, 2017, 19:48:53 pm »
Nel 2010 la lista impressionante dei clienti Claret rappresentava una testimonianza delle capacità dell'orologiaio in questo settore. Le aziende che utilizzavano le sue macchine includevano Rolex, Patek Philippe, Breguet, Audemars Piguet, Vacheron Constantin, Greubel Forsey, Paul Gerber, Thomas Prescher e Frédérique Constant. 
E poi Harry Winston Opus 4 e Jean Dunand Tourbillon Orbital, Jorg Hysek Colosso GMT minuto ripetitore e Maîtres du Temps Capitolo Uno round.

Claret nel 2010 lavorava simultaneamente a circa 40 diversi movimenti per 16 clienti. Circa cinque nuovi movimenti ogni anno, nel 2009 ben otto. Sempre nel 2010 Claret produceva circa 400 movimenti all'anno, ciascuno assemblato dall'inizio alla fine da un singolo orologiaio.

Bertroo

  • *****
  • 33982
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #341 il: Novembre 19, 2017, 22:07:25 pm »
Parliamo di un genio vero! Funambolo dell’orologeria senza se e senza ma.

Ma per curiosità, visti i modelli, ma per Rolex cosa cacciagione produceva? :D

Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #342 il: Novembre 19, 2017, 22:15:53 pm »
vallo a sapere....è scritto progetti segretissimi, stanze in cui si entrava solo con riconoscimento d'impronte  ;D ;D :D

Bertroo

  • *****
  • 33982
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #343 il: Novembre 19, 2017, 22:44:04 pm »
vallo a sapere....è scritto progetti segretissimi, stanze in cui si entrava solo con riconoscimento d'impronte  ;D ;D :D

Mah vabbè.....ma n’e’ che vie fori che mo il 4130 e’ opera di Claret??? :D :D :D

Istaro

  • *****
  • 3658
    • Mostra profilo
Re:Passione da coltivare: chez Voutilainen
« Risposta #344 il: Novembre 20, 2017, 00:16:17 am »
Cerca di dare una spiegazione "tecnica" - molto raffazzonata, se la poteva risparmiare... - a quella che lui stesso sa essere una lacuna di quegli orologi.
Decidere di farli più spessi, per un orologiaio con una struttura piccola, non è una "scelta"  libera, ma vincolata. La scelta opposta, di contenere lo spessore, richiede - quand'anche se ne abbiano le capacità - di mettere in discussione il proprio sistema produttivo, con ingenti investimenti di tempo e denaro.
Quando invece vogliono realizzare il calibro interamente in house, devono scendere a compromessi pesanti.
Il problema è che non è facile realizzarlo senza far diventare i costi molto più alti di quello che già sono...
E quali sono le motivazioni tecniche e produttive a sostegno di queste affermazioni ?

Non ho ben capito qual è il punto del discorso che necessita del sostegno di ulteriori “motivazioni tecniche e produttive”…
Non è di sufficiente evidenza che un calibro sottile comporta difficoltà di realizzazione maggiori di uno più spesso?
E non è altrettanto evidente che una struttura produttiva di poche persone, con risorse finanziarie non illimitate, ha maggiore difficoltà di un’industria nell’affrontare alcuni tipi di difficoltà tecniche?

Non vorrei che l’accettazione acritica di alcuni prodotti degli “indipendenti” (spinta al punto di fornire giustificazioni che essi stessi non forniscono) sia dettata dall’entusiasmo eccessivo per i due tratti caratterizzanti il loro lavoro: l’artigianalità (o semi-artigianalità) e l’originalità-innovazione.
Sono elementi di grande valore, che anch’io apprezzo, e che fondano la pur esigua (a causa dei prezzi) domanda verso questo tipo di prodotto.
Ma ciò non significa che i loro orologi siano privi di difetti. L’artigianalità, non solo nel campo degli orologi, incontra limiti che non può superare. L’innovazione, finché non è sufficientemente sperimentata e sedimentata, comporta grandi rischi.
Ovviamente si mette tutto sul piano della bilancia e si può decidere che i pregi siano ben superiori. Ma non vedo perché chiudere gli occhi di fronte ai limiti.

Se devo entrare più in dettaglio sulla questione dello spessore dei calibri lo faccio pure, anche se rischio di diventare pedante e di abusare del tempo di chi legge (se a questo punto non ha già abbandonato), oltre che del mio…
Però mi è stato chiesto, e rispondere è cortesia.

Mi viene in mente un esempio, preso ancora dal mondo automobilistico (in questo forum ci piace spesso fare confronti, a volte un po’ azzardati, con quel settore).
A che cosa si deve il ritardo di FCA (Fiat) nel settore delle auto elettriche?
Qualcuno può dire che la tecnologia ibrida utilizzata dalle auto già presenti sul mercato non è conosciuta nei suoi aspetti essenziali? Qualcuno può altresì sostenere che nel gruppo FCA non ci sono ingegneri tra i migliori al mondo?
Il fatto è che un conto  è essere capaci di realizzare un’auto elettrica/ibrida. E senz’altro sono capaci di farlo (lo hanno fatto ad esempio con la Fiat 500e per il mercato USA). Ma tutt’altro conto  è essere capaci di farlo ai migliori livelli qualitativi  della concorrenza: in termini di peso delle batterie, autonomie, affidabilità, prestazioni, costi, ecc. Qui entra in campo una miriade di fattori, nei quali bisogna recuperare un gap competitivo. Non bastano le conoscenze teoriche di qualche ingegnere di genio. Servono grandi team progettuali con esperti in diversi rami, servono grandi investimenti per lo sviluppo di software di progettazione specifici, servono investimenti ancor più grandi per la produzione sperimentale di materiali, componenti, prototipi, ecc.
Servono insomma miliardi di euro di investimento, che non sono pochi per un gruppo che (pur essendo il settimo al mondo e avendo un fatturato di oltre 100 miliardi) è ancora oberato dai debiti.
Tant’è che quella 500e è stata un flop.
Marchionne ha sostenuto tempo fa che la tecnologia elettrica non è a suo avviso abbastanza matura per giustificare investimenti che pongano la sua società all’avanguardia del settore. Siano gli altri a trainare lo sviluppo, poi vedranno di recuperare il tempo perso (qualcosa sembra già muoversi).

La questione non è però se la strategia di Marchionne di ritardare gli investimenti – in questo e in altri comparti – sia “giusta” o “sbagliata”.
La questione è che non basta avere le “idee” e le “competenze” per realizzare progetti complessi. Oggi viviamo la mitologia delle “start up”: tira fuori una buona idea e diventerai ricco. Ma alcune statistiche ci dicono che nove su dieci falliscono… (Qui il buon tick, se ci legge, potrebbe darci una mano).
Se si vuole realizzare un progetto ai massimi livelli qualitativi, senza rifugiarsi in una minuscola nicchia di mercato, servono grandi risorse. Che quel gruppo automobilistico soffocato dai debiti fatica a reperire (dovrebbe distoglierle da altri progetti).
E che un piccolo produttore “indipendente” di orologi – vengo al nodo del discorso - non ha proprio.

Un indipendente, con le risorse finanziarie di cui dispone, si può sbizzarrire sui costi variabili, soprattutto di  manodopera: decorazioni e personalizzazioni dell’orologio. Può lucidare i ponti all’infinito, basta aumentare il prezzo finale del singolo pezzo…
Ma sui costi fissi, tra cui quelli per lo sviluppo tecnologico, che possono essere spalmati su un numero di pezzi limitato, deve andarci con i piedi di piombo.
Sviluppare un nuovo calibro, se non ci si limita a cambiare il disegno dei ponti, ma si vogliono apportare innovazioni strutturali importanti, richiede grossi investimenti.
Si fa presto a dire: “c’è il CAD”. Il “CAD” non è un software di progettazione bello e pronto per ogni uso. È una tecnologia informatica che richiede lo sviluppo di software specifici. Nel settore manifatturiero parliamo di centinaia di migliaia (a volte milioni) di euro; e di decine di migliaia per aggiornamenti e adattamenti a singoli progetti…

Tra gli aspetti più delicati c’è proprio quello delle dimensioni dei componenti  e della loro capacità, al di sotto di certe soglie, di resistere alle sollecitazioni dinamiche ordinarie ed eccezionali; nonché di conservare l’elasticità sufficiente a garantire il funzionamento del meccanismo. Servono investimenti importanti per progettare il software, molto tempo per effettuare le simulazioni e ancor più per analizzare i dati…
E poi bisogna fare i prototipi: costi e tempo per realizzarli, tempi lunghi per sottoporli ai test.

Un indipendente di genio, se trova le risorse economiche  (anche per mettere in piedi il piccolo team di specialisti che lo deve affiancare), ha certamente le competenze tecniche necessarie.
Ma tutto questo… per un solo calibro?
La sua clientela-tipo è assetata di novità…  ;)

No. L’indipendente deve ottimizzare i costi e concentrare gli investimenti su quel singolo aspetto tecnico che (insieme con gli aspetti estetici) può attrarre la sua particolare clientela: la nuova complicazione che lascia a bocca aperta.
La sottigliezza del calibro è sacrificabile, visto che quella clientela “non la richiede” (o si fa una ragione del fatto che non sia possibile averla…).
Meglio dunque tenersi molto  larghi con le dimensioni (ben al di là della soglia degli “ultrapiatti”), perché ciò accresce considerevolmente i margini di sicurezza e di errore e consente grandi risparmi sia in fase di progettazione sia di sperimentazione.
Ma ciò non significa che la sottigliezza non sia indice di un grande pregio tecnico.
(Tornando alle auto: quanti sanno davvero apprezzare i sistemi di sospensioni indipendenti o la trazione posteriore? Con i controlli elettronici della stabilità ormai si può far tutto… Ma ciò non significa che non rimanga importante costruire un’autovettura intrinsecamente “sana” sotto l’aspetto strutturale e dinamico.)

Gli indipendenti possono permettersi di aumentare gli spessori quando producono i solo tempo, perché in questi casi offrono orologi che hanno lo spessore di un complicato, e quindi rientrano in un range  tutto sommato accettabile (anche se non appropriato per quella tipologia di orologio).
Ma se per loro fosse così facile produrre basi tempo più sottili, perché non lo fanno quando devono realizzare complicati (in effetti, se si applicano i moduli a basi tempo spesse vengono fuori tombini)? Perché in questi casi attingono quasi sempre a basi tempo industriali (casomai modificate)?
È forse un caso che il più attento alle dimensioni sia Journe? Solo perché è il più “sensibile” alla questione? O anche perché è quello più strutturato, e quindi ha più mezzi per assecondare la sua “sensibilità” (anche se non riesce in ogni caso a competere, su questo versante, col prodotto industriale)?

Concludo ritornando alle dichiarazioni di Voutilainen.
Perché ignorarle?
Perché dobbiamo fornire per suo conto giustificazioni che lui non fornisce? Gli ci voleva così tanto a dire “li faccio grossi perché mi piacciono così” o “perché la clientela li vuole così”? Che bisogno aveva di appellarsi alla questione della robustezza?

Qui devo precisare il mio pensiero espresso nei post precedenti.
Intenzionalmente ho evitato di scrivere che ha raccontato una “balla”. Ho parlato di “calla”, che in romanesco indica la bugia rassicurante. Ancor meglio bisognerebbe dire la mezza verità  rassicurante…
In effetti, la sua dichiarazione è intenzionalmente ambigua.
In parte lascia intendere, con un pizzico di furbizia commerciale, che lui realizza orologi più “robusti” di altri che hanno minor spessore. Ma sappiamo – penso di averlo in precedenza sufficientemente illustrato – che non è così: per gli usi cui questi orologi sono destinati, uno spessore anche molto inferiore è sufficiente. Se sono ben progettati.  (Se poi vogliamo “buttarla in caciara”, possiamo dire certamente che un orologio spesso 11 mm è più “robusto” di uno spesso 8; ma anche che uno spesso 20 è più robusto di quello da 11…).
La dichiarazione di Voutilainen, però, si può intendere in altro modo, cogliendo la mezza verità in essa contenuta: gli orologi che realizza raggiungono la robustezza necessaria con la miniaturizzazione che può permettersi di realizzare,  senza dedicare energie “inutili” allo sviluppo della sottigliezza.
Insomma, ha cercato di rivoltare – con un’abile dichiarazione - un punto di debolezza (che non poteva ammettere esplicitamente, ma che con una certa onestà intellettuale non ha voluto occultare completamente) in punto di forza.
Cogliendo questo aspetto, valorizzando fino in fondo le dichiarazioni di Voutilainen, traiamo una conferma autorevole (anche se indiretta) alla mia tesi. Altrimenti dovremmo pensare che ci voleva semplicemente prendere in giro.

Arrivo davvero alla conclusione ricordandovi qualcosa che abbiamo visto nelle prime pagine (10-11) di questo topic: la mancata lucidatura di un anglage, giustificata dal maestro col timore di rendere troppo fragile quel ponte (che già doveva esserlo, se basta qualche frazione di mm tirata via con una lucidata per comprometterlo…).
È la dimostrazione finale che l’artigianalità della sua produzione gli fa incontrare problemi strutturali. Le esperienze fatte lo inducono a tenersi largo con le misure…
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)