Se i miei dati sono riservati e non ho ritenuto di renderli pubblici, perchè mai dovrei essere io poi a spiegarti il perchè e il per-come una volta che me li hai rubati? E', come ho già scritto, la base di ogni teoria del complotto che si rispetti, scaricare l'onere della prova-che-non-è-vera-la-teoria-del-menga su chi NON l'ha proposta e, visto che questi se ne guarderà bene, assumerla vera. E' _logicamente_ sbagliato oltre che ridicolo nel momento in cui applico questo metodo solamente a chi dico io.
Innanzitutto, non stiamo parlando di "teorie" di cui a qualcuno venga chiesto di provare l'infondatezza (è ovvio che quest'onere spetti a chi propone la teoria, perché la "prova" contraria può essere impossibile).
Stiamo parlando di "informazioni": vere o false, complete o incomplete, manipolate o integre.
Dimentichi poi un "dettaglio" fondamentale: il diritto alla
privacy (riservatezza personale) possono invocarlo i privati.
Io, negli esempi che ho fatto, ho parlato di "istituzioni" (in senso lato), e in particolare di una carica pubblica (il Segretario di Stato USA) e di enti che assolvono funzioni di pubblico interesse (il partito Democratico USA, la WADA, la CRU), con ricadute rilevantissime sui loro associati, sui loro "grandi utenti" (oggi usa dire
stakeholders ), persino sulla cittadinanza mondiale.
Svolgendo funzioni di pubblico interesse, ed essendo tenute al rispetto di obblighi di correttezza, imparzialità, trasparenza nell'assolvimento di tali funzioni,
devono dare spiegazioni, certo!
Ogni parte dello Stato opera per finalità pubbliche che può perseguire anche mediante la classificazione dei documenti, lo stesso PdC può imporre il vincolo del Segreto di Stato. Secondo te tutto ciò non dovrebbe esistere? Ritieni davvero che il solo fatto di avere responsabilità pubbliche richieda la pubblicità di tutti i tuoi atti, anche di fronte al crimine che li ha resi? Su questo credo abbiamo posizioni differenti.
La riservatezza dei documenti pubblici è diversa dalla riservatezza personale
("privacy") ed è funzionale - per usare il linguaggio della Costituzione italiana - alla legalità, all'imparzialità e al buon andamento dell'attività amministrativa (altri ordinamenti declinano questi princìpi in maniera diversa).
Questa riservatezza è prevista perché le azioni "infraprocedimentali", per quanto
condotte in maniera corretta e lecita, possono suscitare, se poste sotto la luce dei riflettori, polemiche, strumentalizzazioni, tentativi di intralcio, che turbano il buon andamento.
Non è prevista per coprire parzialità e illeciti!
Il segreto di Stato è una fattispecie ancora più specifica (nei fini - più ampi - e nelle modalità di tutela - più stringenti).
Ma anche i segreti di Stato, se in qualche modo vengono diffusi, possono essere legittimamente oggetto di attenzione presso la pubblica opinione (e di perseguimento dei reati connessi).
Su questo aspetto sono stati versati fiumi d'inchiostro a partire dal 1971, con la vicenda dei
Pentagon Papers.
Una
questione separata è la perseguibilità di chi ha commesso illeciti nell'acquisire o diffondere le informazioni.
Riguardo le "indagini" saprai bene che non si può indagare su nulla acquisito in questa maniera ridicola.
Attenzione, tu ti stai riferendo all'inutilizzabilità di elementi raccolti fraudolentemente come prova in un giudizio dalla parte che li ha raccolti (mentre sono utilizzabili da terzi...).
Altra cosa è la legittimità di indagini giudiziarie: i magistrati possono e devono indagare quando hanno "notizie di reato", da qualsiasi fonte provengano, "ridicola" o meno.
Provvederanno essi stessi a verificare gli elementi probanti e ad acquisire tutti quelli ritenuti necessari alla completezza dell'indagine.
Quanto all'attività di informazione giornalistica, il buon giornalista raccoglie qualsiasi tipo di informazione "notiziabile", facendo ovviamente le verifiche che il codice deontologico gli impone. Non solo: le notizie dovrebbe andare a cercarsele (!), se non vuole fare lo scribacchino riciclatore di notizie d'agenzia o l'opinionista a comando (che sono attività diverse dal "giornalismo").
E persino gli organi istituzionali "vigilanti" dovrebbero esercitare le loro verifiche sugli enti controllati in maniera attiva (con quesiti, ispezioni, ecc.), senza cascare dal pero quando leggono gli scandali sui giornali o su internet.
In tutte queste attività possono e debbono essere prese in considerazione tutte le informazioni pervenute e che abbiano rilievo, anche quelle anonime o di cui si sospetta l'acquisizione illecita. Gli organi vigilanti hanno anche l'obbligo di darne notizia all'autorità giudiziaria (con sfumature che ovviamente cambiano da ordinamento a ordinamento).
Una questione separata - ripeto - è la perseguibilità di chi ha commesso illeciti nell'acquisire o diffondere le informazioni.
Se così non fosse, affinché emergano gli intrallazzi bisognerebbe aspettare il comunicato "ufficiale" del responsabile di qualche istituzione, il quale abbia avuto un'improvvisa crisi di coscienza...
Insomma: io non plaudo all'attività di hackeraggio. Conosco tutte le implicazioni pericolose e inquinanti della loro attività. Ritengo che debbano essere assunte misure di protezione (preventive e repressive) adeguate. Ma:
- le informazioni diffuse devono essere prese in considerazione, sia pure con rigore interpretativo;
- le difficoltà a farci un'idea corretta sul significato da attribuire al contenuto delle informazioni non ci impediscono di vedere ciò che è evidente anche ai ciechi: il marcio di molte istituzioni (che non vanno buttate all'aria, ma nemmeno autorizzate a proseguire come se niente fosse);
- il fatto che certe informazioni emergano solo grazie ad attività illecite attesta l'
incapacità e l'omertà di chi è preposto a svolgere comiti di controllo istituzionale e sociale (annotazione che, ripeto, voleva essere il cuore del mio topic). Il fatto che queste notizie "cadranno presto nel dimenticatoio" non è un bene, ma un male. Si può dire "no" all'hackeraggio illecito solo se si dice insieme "sì" ad un'attività di controllo condotta non solo in forma lecita, ma anche forte, coraggiosa e indipendente.