Orologico Forum 3.0

Il mercato e il classicismo

mbelt

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #15 il: Dicembre 10, 2015, 16:20:35 pm »
È vero che i fenomeni "di massa" sono tali se c'è "la massa" e quanto più ampia è.
Su questo vi seguo, quello che invece mi risulta difficile comprendere è come sia possibile che almeno due diverse genrazioni di acquirenti, e popoli con culture, storie, tradizioni e gusti completamente differenti, possano essere irretiti nel medesimo fenomeno di massa che travalica i confini e diventa "globale".
Ok che viviamo nel villaggio globale, che i media hanno avvicinato (appiattito?!) i popoli, che la moda e il trendy sono ormai fenomeni estesi a livello planetario, e forse è proprio per il fatto che anche l'orologeria è stata proiettata nel "fashon" a seguito delle grandi acquisizioni fatte dai gruppi del lusso che questo gusto univoco si è definitivamente imposto come modello di preferenza unico.
Però io nel vestire, per esempio, vedo ancora profonde differenze tra un paese e un'altro, come è logico e fisiologico che sia in quanto esoressione - in una qualche misura - del proprio modo di essere e di appartenere ad una certa cultura piuttosto che ad un'altra; un italiano a Berlino lo riconosco ancora da lontano come 20 anni fa senza sentirlo parlare, così come una cinese che ha fatto incetta di griffe nel quadrilatero della moda milanese la riconosco da lontano di spalle. Mentre al contrario mi pare che queste differenze di gusto in orologeria, se ci sono, sono assai più sfumate al punto da apparire assenti (e gli orologi che si vendono bene e male sono gli stessi a Roma come a Pechino).
Una volta un mio amico commerciante mi disse "se un orologio non si vende qui ci sarà sempre un luogo in cui si può vendere, e grazie ad internet non è più un problema venderlo la anzichè qua". Il fatto è che gli orologi che non si vendono, ossia che non piacciono, sono gli stessi "qui e la", quale che sia qui e la. E così nell'asta tal de tali ad HK vedi le stesse dinamiche che vedi all'asta tal de tali a Ginevra, come le dinamiche di prezzo e reperibilità sono uguali a Londra o a Dubai.
Ma mica è tanto vero questo. Questo fenomeno lo vedi sui pezzi rari storici importanti, che vanno e quotano in tutto il mondo, ma io vorrei vedere un solo altro Paese in cui il modello unico Rolex è diffuso così tanto, in cui di Patek piacciono quasi solo due modelli, tre massimo, Ap uno solo. Tendenze ci sono ovunque ma è la dimensione del fenomeno in Italia che è massimo. Cambiamo settore, ma la musica non cambia.  In Italia anche nel settore dei colori noti una uniformità di scelte pazzesca: oggi va il bianco, tutti sul bianco, come ieri andava il grigio, tutti sul grigio. Guarda al fatto che pur essendo un mercato che spende in automobili vedi che i marchi meno noti o più nuovi sui segmenti premium o non arrivano in Italia, oppure arrivano con enorme ritardo. Già se vai in Svizzera, ma anche in Germania, Francia, vedi un parco circolante molto più vario. Da noi conta un gusto estetico uniformato, in cui non c'è voglia di distinguersi ma di omologarsi, e solo l'estetica, perché sai i contenuti costa tempo approfondirli, e quando i numeri sono alti è normale sia cosi.
Contro ogni talebanismo, ora e sempre

ciaca

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #16 il: Dicembre 10, 2015, 16:31:03 pm »
Si, però é un fatto che il 16710 lo vendi a 5500 euro a Palermo come a 6000 dollari nello Utah, a dimostrazione di un orientamento uniforme ovunque.
Come é vero che il gigantismo delle casse ce l'hai ovunque, su qualunque marchio, qualunque tipo di orologeria intenda proporre, che sia Piaget o Breguet o Stowa.
Così come l'oro bianco quota sempre almeno il 25% più dell'oro giallo, a Genova come a Bankok, e i 4 mm in meno di diametro scontano una svalutazione di almeno il 10% a mm a Londra come a Jakarta.
Ci sono dei trend ormai consolidati da decenni e comuni ai 4 angoli del globo, e questo al di la del conformismo tipicamente italiano. In Italia si vendono solo 3 Rolex, due Patek e un Omega, ok, in Russia si vendono gli Ulysse Nardin che altrove non trovano acquirenti nemmeno scontati del 60% e case come Piaget vivono solo su alcuni mercati, però questo non toglie che certi "canoni" siano ormai comuni e consolidati indipendentemente dal marchio e dal singolo mercato geografico.
"A megghiu parola è chidda ca un si dici"

mbelt

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #17 il: Dicembre 10, 2015, 16:46:29 pm »
Si, però é un fatto che il 16710 lo vendi a 5500 euro a Palermo come a 6000 dollari nello Utah, a dimostrazione di un orientamento uniforme ovunque.
Come é vero che il gigantismo delle casse ce l'hai ovunque, su qualunque marchio, qualunque tipo di orologeria intenda proporre, che sia Piaget o Breguet o Stowa.
Così come l'oro bianco quota sempre almeno il 25% più dell'oro giallo, a Genova come a Bankok, e i 4 mm in meno di diametro scontano una svalutazione di almeno il 10% a mm a Londra come a Jakarta.
Ci sono dei trend ormai consolidati da decenni e comuni ai 4 angoli del globo, e questo al di la del conformismo tipicamente italiano. In Italia si vendono solo 3 Rolex, due Patek e un Omega, ok, in Russia si vendono gli Ulysse Nardin che altrove non trovano acquirenti nemmeno scontati del 60% e case come Piaget vivono solo su alcuni mercati, però questo non toglie che certi "canoni" siano ormai comuni e consolidati indipendentemente dal marchio e dal singolo mercato geografico.
Quello che non riesci a comprendere è le dimensioni del fenomeno. Tu conosci un altro mercato in cui Rolex è così forte, con i modello solo? Conosci un altro mercato in cui sia così difficile vendere un orologio che non sia un Royal Oak, un Nautilus o un Rolex sportivo ? Io no. E se sentì un qualsiasi commerciante ti spiega che da noi i fatti qui due o tre modelli quotano di più che altrove. E poi che il fenomeno oggi è ridotto da internet e dalla globalizzazione che tendono a livellare  i prezzi, perché il mercato è globale. Ma sui modelli appena fuori dai soliti noti in Italia fai molta più fatica a vendere. Chiediti il perché. Io lo so perché lo vedo da sempre anche in altri settori. Perché da noi Seiko non tenta neppure di vendere i Grand Seiko, mentre in Francia Si? Perché da noi Lexus quando faceva delle gran Auto vendeva in tutto il mondo ma non Italia? E all'epoca io mercato dell'auto di lusso era ampio in Italia, primi anni 90. Tu vedi italiani vestiti bene, io ne vedo pochissimi nel centro di Roma.
« Ultima modifica: Dicembre 10, 2015, 16:49:00 pm da mbelt »
Contro ogni talebanismo, ora e sempre

ciaca

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #18 il: Dicembre 10, 2015, 16:56:13 pm »
Ma io mica sto dicendo che il conformismo italiano non esiste, sto parlando di tendenze che sono uguali in tutto il resto del mondo e che con Rolex e l'Italia non c'entrano nulla, ossia sto parlando di altro.
"A megghiu parola è chidda ca un si dici"

gidi_34

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #19 il: Dicembre 10, 2015, 17:16:35 pm »
ma scusate, sembra di stare a parlare di aria fritta...analizziamo brevemente cosa è oggi l'orologeria.

l'orologeria oggi è solo griffe e moda, le griffe e la moda sono omologate in tutto il continente, i personaggi che muovono la moda e le griffe decidono le tendenze planetarie, gli orologi fanno parte di questo.

PUNTO

Non esiste altra spiegazione.

Apri i giornali di tutto il mondo e che pubblicità trovi?

Rolex, Omega e AP.

Guarda caso i soliti tre marchi, i solti tre orologi.

Istaro

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #20 il: Dicembre 10, 2015, 17:46:37 pm »
Nel mercato degli orologi si riflette l’evoluzione di un costume diventato egemone negli ultimi vent’anni, che si manifesta allo stesso modo nelle caratteristiche dei prodotti manifatturieri (automobili, oggettistica, arredamento, ecc.), nel modo di vestirsi, di vivere il tempo libero (cultura, viaggi, spettacoli) e anche di relazionarsi con gli altri.

I tratti comuni di questo costume “moderno” - non solo italiano, ma internazionale - sono:

- il giovanilismo.
Gli uomini (e le donne) hanno sempre desiderato essere giovanili, ma si sono sempre anche compiaciuti della loro esperienza e dei piaceri che l’età adulta poteva dare. Il sogno era di diventare “uomini”.
Oggi, invece, si cerca a tutti i costi non solo di sembrare, ma anche di restare “giovani”, categoria considerata come “spensierata” (quindi deresponsabilizzata…), portata a divertirsi, sessualmente attiva, dinamica. Non si risparmia più, non si fanno investimenti, non si assumono impegni a lungo termine, non ci si sposa e non si fanno figli (l’esperienza dei figli è determinante per cambiare prospettiva di vita).
Ciò che indossiamo e utilizziamo, dunque, deve avere una linea giovane, sportiva, dinamica, seducente.
L’abbigliamento è casual (con escursioni nel militare/balneare/sportivo-agonistico), non si usano soprabiti e ombrelli (neanche quando piove!), il tatuaggio dilaga (come se la pelle non dovesse invecchiare mai), gli strumenti ‘professionali’ diventano quotidiani (anche se non hanno utilità concreta), l’autovettura è un SUV, ci si dà solo del tu, ecc.
L’orologio è ovviamente braccialato e di linea “sportiva”, se proprio lo si deve usare; per i più è un orpello “antico”.
Insomma: l’immaginario sportivo/giovanile, che in passato era un’ispirazione anche in alcuni contesti e momenti della vita adulta, ora costituisce l’unico orizzonte consentito dai venticinque ai settant’anni. Dopo si è irrimediabilmente “vecchi”.

- l’antiurbanesimo e il minimalismo.
Fino a qualche decennio fa la città era il luogo delle occasioni (incontri, lavoro, cultura), il simbolo al tempo stesso di progresso e capacità di custodire la tradizione. L’abbigliamento e gli accessori erano innanzitutto pensai per l’uso “urbano”.
Oggi continuiamo a vivere in città, ma la rifiutiamo come modello, la vediamo solo come luogo soffocante e inospitale (traffico, rifiuti, servizi insufficienti). Sogniamo di vivere altrove e ci costruiamo un immaginario di avventurieri, esploratori, uomini ecologici ed essenziali (però con l’iPhone, sia chiaro).
Valori “urbani” come la comodità, la bellezza, la qualità, propri di chi vuole guardare in profondità anche le cose della quotidianità, di chi vuole prendersi cura di sé, sono sostituiti dalla dittatura della “praticità”: le cose – gli orologi – devono essere semplici, robuste, facili da pulire e da manutenere, senza inutili “complicazioni” (i tutti i sensi).

- il ridimensionamento della figura maschile.
Ieri esisteva, accanto a un immaginario femminile, anche uno maschile.
L’uomo esprimeva i valori sociali. Aveva i suoi riti, le sue abitudini, i suoi modelli di riferimento, i suoi passatempo “virili”, i suoi parametri di eleganza: esisteva un’eleganza maschile, lo stile "classico", che sin dagli albori dell'era industriale era quello della borghesia produttiva e aveva elaborato - anche negli orologi - stilemi complessi e affascinanti.
Oggi le donne si laureano più degli uomini, occupano tutte le professioni intellettuali, condizionano le politiche produttive e commerciali delle aziende (poiché indirizzano i consumi), dettano l’agenda politica (lo Stato iperprotettivo, “materno”, è figlio di questa influenza).
Il termine “maschile”, se declinato come stile ed eleganza, è diventato sinonimo di maschilismo e sessismo. L’eleganza è prerogativa delle donne.
Gli uomini possono essere solo sportivi e dinamici, esprimere la propria mascolinità con l’esibizionismo fisico: non è previsto che sappiano curare interessi più colti e raffinati, che possano uscire dal look tuta/felpa/jeans.
L’orologio dev’essere semplicemente “grosso”, perché il nuovo uomo sa esprimere solo questo valore.
L’uomo “autorizzato” ad aver cura di sé è solo quello che attinge all’immaginario femminile, che esprime il suo “lato sensibile”… il “metrosexual”, come lo chiamano…

Questa è una semplice fotografia della realtà.

Se poi vogliamo interrogarci sulle cause di questa evoluzione (o involuzione), io le riconduco all’affermarsi dell’uomo contemporaneo (non nel senso di maschio, ma di essere umano) come “uomo a una dimensione”, semplice consumatore, funzionale ai moderni assetti produttivi.
Questo nel contesto di una società che si è “femminilizzata”, nel senso che ha prevalso la capacità femminile di adattarsi alle situazioni senza metterle in discussione.
All’uomo-maschio è rimasto di fare la caricatura di se stesso: recitare la parte dello sportivo-dinamico-giovane (con o senza orologio annesso), del giuggiolone incapace ormai di pensare in grande.
« Ultima modifica: Dicembre 10, 2015, 17:48:28 pm da Istaro »
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #21 il: Dicembre 10, 2015, 17:53:15 pm »
Come ti ho già "predicato" in vari post , l'uomo moderno è DINAMICO , SPORTIVO , attento a un certo gusto classico ma sempre sportiveggiante , veloce , rapido , spinto da Sms , cene veloci dopo il tennis o la piscina o magari il fitness .
Apertivi misiti a cene ( che io odio come tu odi gli orologi sportivi moderni ) , apertiparty , discopub anche per il 50/60enne ... non c'è piu tempo per osservare la classicità con il papillon ....

Non c'è piu' tempo ....  quindi l'uomo moderno ( dalla generazione anni 50/60) ha giustamente perso quel polveroso sapore di vecchio teatro e di bibilioteca "giallastra"!

Ora si va veloci e sportivi ....il resto è da museo ( opere d'arte come chiami tu i teatrali )

Non è la differenza fra il mercato e il classico.... è la differenza fra il polveroso ( opera d'arte ndr.) e il dinamico ...

Tu puo andare all'aperiparty con il Roth MA NON TI ASPETTARE gli ohhh...dei tuoi compagni di quel momento ...ok? :P 8)

NOn perchè non apprezzino la tua opera d'arte ma perchè è una cosa "polverosa" che sa di teatro ....
« Ultima modifica: Dicembre 10, 2015, 17:56:21 pm da massotto »

gidi_34

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #22 il: Dicembre 10, 2015, 18:03:23 pm »
purtroppo ha ragione massimo, si va veloci oggi..e molta tecnologia è molto più attraente di tanti orpelli inutili e costosi come gli orologi.

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #23 il: Dicembre 10, 2015, 18:06:44 pm »
...mi fai morire ogni volta che rispolveri sta storia (questa si vecchia perchè ce la infili sempre in mezzo) dell'uomo dinamico, sportivo, tutto sport, cene, locali notturni, aperitivi, eventi....sempre di corsa (corre corre corre sin quando si dice....ma 'ndo caxxo stavo andando?  ;D).
Beh, so che ti darò un grande dolore ma....è una vita che volente o nolente mi ritrovo ma TI ASSICURO che INCREDIBILMENTE indosso DR, Breguet con assoluta naturalezza......e rimarresti stupito di quante persone in abito con Daytona rimangono colpiti da ciò che indosso.
E magari pensano (ma questa è una mia supposizione) che forse se si fossero informati un po di più,
se avessero saputo che esiste altro oltre a Rolex o R.O.,
se avessero avuto la personalità per indossare qualcosa di diverso rispetto a -tutti- gli altri....
« Ultima modifica: Dicembre 10, 2015, 18:11:38 pm da claudio969 »

gidi_34

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #24 il: Dicembre 10, 2015, 18:11:00 pm »
il problema è che anche l'abito ormai sta scomparendo e la maggior parte delle volte è portato male e di qualità scadente

Istaro

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #25 il: Dicembre 10, 2015, 18:13:06 pm »
Come ti ho già "predicato" in vari post , l'uomo moderno è DINAMICO , SPORTIVO , attento a un certo gusto classico ma sempre sportiveggiante , veloce , rapido , spinto da Sms , cene veloci dopo il tennis o la piscina o magari il fitness .
Apertivi misiti a cene ( che io odio come tu odi gli orologi sportivi moderni ) , apertiparty , discopub anche per il 50/60enne ... non c'è piu tempo per osservare la classicità con il papillon ....

Non c'è piu' tempo ....  quindi l'uomo moderno ( dalla generazione anni 50/60) ha giustamente perso quel polveroso sapore di vecchio teatro e di bibilioteca "giallastra"!

Ora si va veloci e sportivi ....il resto è da museo ( opere d'arte come chiami tu i teatrali )

Non è la differenza fra il mercato e il classico.... è la differenza fra il polveroso ( opera d'arte ndr.) e il dinamico ...

Tu puo andare all'aperiparty con il Roth MA NON TI ASPETTARE gli ohhh...dei tuoi compagni di quel momento ...ok? :P 8)

NOn perchè non apprezzino la tua opera d'arte ma perchè è una cosa "polverosa" che sa di teatro ....

Quoto appieno!

L'uomo "moderno" - o almeno quello delle pubblicità e quelli che lo imitano - corre, fa tutto in fretta (tutto tutto?  :o  :P), non ha tempo...

Infatti non ha tempo neanche per pensare, per capire che prende in prestito idee ed emozioni, che si è ridotto a ingranaggio di un meccanismo...

Troppo frenetico per fermarsi un attimo, per scoprire e apprezzare ciò che è davvero bello e importante.

Giù uno Spritz e via, verso nuovi... locali!
"Non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare" (Seneca)

mbelt

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Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #26 il: Dicembre 10, 2015, 18:15:48 pm »
Come ti ho già "predicato" in vari post , l'uomo moderno è DINAMICO , SPORTIVO , attento a un certo gusto classico ma sempre sportiveggiante , veloce , rapido , spinto da Sms , cene veloci dopo il tennis o la piscina o magari il fitness .
Apertivi misiti a cene ( che io odio come tu odi gli orologi sportivi moderni ) , apertiparty , discopub anche per il 50/60enne ... non c'è piu tempo per osservare la classicità con il papillon ....

Non c'è piu' tempo ....  quindi l'uomo moderno ( dalla generazione anni 50/60) ha giustamente perso quel polveroso sapore di vecchio teatro e di bibilioteca "giallastra"!

Ora si va veloci e sportivi ....il resto è da museo ( opere d'arte come chiami tu i teatrali )

Non è la differenza fra il mercato e il classico.... è la differenza fra il polveroso ( opera d'arte ndr.) e il dinamico ...

Tu puo andare all'aperiparty con il Roth MA NON TI ASPETTARE gli ohhh...dei tuoi compagni di quel momento ...ok? :P 8)

NOn perchè non apprezzino la tua opera d'arte ma perchè è una cosa "polverosa" che sa di teatro ....

Quoto appieno!

L'uomo "moderno" - o almeno quello delle pubblicità e quelli che lo imitano - corre, fa tutto in fretta (tutto tutto?  :o  :P), non ha tempo...

Infatti non ha tempo neanche per pensare, per capire che prende in prestito idee ed emozioni, che si è ridotto a ingranaggio di un meccanismo...

Troppo frenetico per fermarsi un attimo, per scoprire e apprezzare ciò che è davvero bello e importante.

Giù uno Spritz e via, verso nuovi... locali!
È un interpretazione secondo me riduttiva e semplicistica. Non può spiegare se non solo in parte perché si tendono tutti a uniformare nei comportamenti e nei gusti. E perché alcuni popoli lo fanno più di altri.
Contro ogni talebanismo, ora e sempre

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #27 il: Dicembre 10, 2015, 18:17:03 pm »
il problema è che anche l'abito ormai sta scomparendo e la maggior parte delle volte è portato male e di qualità scadente

Tu dici? Mi sembra un'esagerazione. Ti assicuro che esistono interi settori che vivono solo in giacca e abito e....spesso sono proprio quelle persone che hanno la potenzialità per acquisire il mercato del lusso.

gidi_34

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #28 il: Dicembre 10, 2015, 18:23:31 pm »
si quello si, ovvio...ne farei parte anche io di quel settore, ma l'abito a me non va...non ci riesco, è più forte di me.

Troppe panze obese che spuntano da giacche aperte...non è un bel vedere :D

Re:Il mercato e il classicismo
« Risposta #29 il: Dicembre 10, 2015, 18:27:26 pm »
AAhhoooo....panze a chi????  ;D