Io non ho ben capito qual è l’argomento del contendere…
Mi sembra che a Ermanno sia stato contestato non tanto quello che scrive (o non solo), quanto quello che potrebbe essere sottinteso.
Lui sostiene – sintetizzo un po’ brutalmente - che esistono orologi il cui acquisto non è da appassionati.
Sottintende con ciò che chi acquista tali orologi non può essere considerato un appassionato?
Penso sia questo ciò che hanno inteso alcuni amici forumisti che sono intervenuti un po’ piccati.
Però il primo concetto non presuppone necessariamente il secondo.
Mi sembra essenziale scomporli, per dissipare i malintesi.
1) Esistono orologi di prestigio la cui scelta non rivela in pienezza l’appassionato (ma io direi: l’intenditore)?Per Ermanno sì. Per me anche. Ma mi sembra che sia così per quasi tutti, con diverse sfumature.
Si parte dal famoso concetto di qualità/prezzo, che avevamo affrontato in discussioni passate (una ne avevo aperta anche io:
http://www.orologico.info/index.php?topic=22601.msg401571#msg401571)
Beh, è un dato di fatto che alcuni orologi siano scelti da una larga percentuale di acquirenti - persone che di orologi non si interessano granché - per questioni di immagine, di
status symbol.
E possiamo fare anche i nomi (in crescendo): Submariner, Daytona, Royal Oak, Nautlus. Io ci aggiungo, in una fascia ancora più elitaria, i Richard Mille; e altri potreste aggiungerne voi.
Questo non significa che
tutti quelli che acquistano tali referenze lo facciano per motivi di immagine, ovvio.
Ma non stiamo facendo una valutazione psicologica dei singoli casi, il processo alle intenzioni…
Stiamo valutando un
dato di carattere generale: si tratta delle referenze che attraggono gli acquirenti meno competenti, ma con ampie capacità di spesa; quelli che cercano un orologio essenzialmente per la sua connotazione di lusso ed esclusività. Col corteo ulteriore di altri che sono attratti dalla prospettiva dell’investimento.
Il che ha un’inevitabile ricaduta sui prezzi che le case possono praticare, con un pesante abbattimento del rapporto qualità/prezzo.
Annotare ciò non significa nemmeno che questi orologi non siano molto validi ed esteticamente riusciti: i non appassionati, ovviamente, si accodano a preferenze che hanno conseguito la loro notorietà anche con merito.
All’affermarsi di alcune referenze contribuisce in ogni caso, ovviamente, il
battage pubblicitario delle case produttrici. Perché negarlo? Il
marketing non è una tecnica di persuasione dei sempliciotti, ma una metodologia scientifica; che crea orientamenti generali di consumo, ma anche un clima culturale. Tutti noi ne siamo più o meno direttamente influenzati. È utile – anche di questo – essere “consapevoli”, e attrezzarsi per conservare quanto più possibile autonomia di giudizio.
Poi possiamo fare alcune puntualizzazioni, che però non inficiano queste valutazioni.
Ad esempio: tutta l’orologeria di lusso è sovrapprezzata?
Certo, ma non tutta nello stesso modo: il nuovo più dell’usato (salvo alcuni casi di vintage), alcune marche più di altre, alcune referenze più di altre della stessa marca.
A me sembra che questo giudizio sia in un certo modo condiviso da molti di quelli che sono intervenuti, nel momento in cui hanno parlato di “sfizio” che ci si può togliere.
Invece altri, come Alessandro, sono di avviso diverso. Lui ha sempre contestato che si possa parlare di rapporto qualità/prezzo, perché il prezzo “giusto” lo fa il mercato.
Io non condivido questa posizione, perché non si tratta di contestare il prezzo di mercato. Si tratta semplicemente di valutare se quel prezzo corrisponde al valore che noi attribuiamo al bene. Farebbe bene Patek a chiedere per il Nautilus anche 500.000 euro; ma io sarei altresì legittimato a pensare che quell’orologio non li vale (lascerei da parte i discorso della “tenuta del valore”, che richiama “competenze” – vere o presunte – di carattere finanziario, non orologiero).
Però ritengo la posizione di Alessandro perfettamente legittima: si può prendere atto con serenità che esistono posizioni diverse, e si fa bene a discutere per arricchirsi reciprocamente.
Eviterei solo le frasi fatte come “ognuno coi propri soldi ci fa quel che ci vuole”, o “il gusto è insindacabile” (oddio: esiste anche il cattivo gusto… e il gusto dell’orrido!
), che sono solo un modo di buttare la palla in tribuna, di rifiutare l’approfondimento (ma allora non si capisce perché si dovrebbe scrivere in un forum…).
Ci deve essere spazio per diversi argomenti (se uno non interessa, si passa oltre); per diversi approcci allo stesso argomento (più seriosi e più rilassati); per diverse posizioni. 2) Se anche esistono orologi di prestigio nella cui scelta non si riconosce in pienezza l’appassionato (posizione che può non essere condivisa, ma che mi sembra pienamente legittima), ciò significa che chi acquista tali orologi non può essere considerato un appassionato?Non necessariamente.
Per cui chi vede criticato un proprio orologio non deve metterla sul personale (per favore, non ripercorriamo le orme di quel forumista che ad ogni critica ad un orologio strillava contro gli “intolleranti ai gusti diversi”, i “nemici del nuovo”, e via strepitando
).
Per me può ben succedere che un intenditore-appassionato faccia una scelta più da appassionato che da intenditore. Nel senso che prevale la “passione”, intesa come attrazione irresistibile e irrazionale, rispetto alla riflessione: “mi piace troppo, non resisto, chi se ne frega se sto buttando un po’ di soldi”.
Oppure un appassionato può “parcheggiare” la passione.
E fare una scelta da investitore (“anziché lasciare i soldi in banca, li “investo” in un oggetto che mi piace”). Io ritengo che sia una scelta poco avveduta (prima ancora che poco attinente alla passione), ma anche di questo abbiamo già parlato.
Oppure l’appassionato può fare una scelta di immagine: “possiedo tanti begli orologi che mi gratificano dal punto di vista della cultura orologiera, me ne serve uno che possa essere apprezzato anche dai miei clienti/amici che di orologi non ne capiscono niente, perché anche questo apprezzamento mi è utile professionalmente o mi gratifica”.
Insomma,
ci possono essere scelte che non rispettano i canoni di una valutazione colta, ma non cancellano la passione o la competenza. Purché, come è stato scritto, se ne sia "consapevoli".
In quest’ottica, non vedo perché ci si debba piccare per il semplice fatto che qualcuno ci ricordi che, a suo avviso, una scelta è meno attenta di un’altra. La “consapevolezza” va… allenata. E non dimentichiamo che i forum sono frequentati anche da nuovi appassionati, ai quali è sempre utile un panorama completo delle posizioni. Se non siamo d'accordo, replichiamo nel merito.
Non mi sembra che Ermanno abbia sostenuto che le scelte meno attente cancellino tutto d’un colpo la passione, o siano indegne di un vero appassionato.
Se lo pensa, si tratta di una posizione a mio avviso troppo integralista.
Se si augura semplicemente che gli appassionati siano più rigorosi, che difendano con più energia scelte non allineate al mainstream, si tratta di una posizione legittima. Magari non condivisibile da chi pensa che la passione non debba essere un impegno. Ma comunque legittima, senza bisogno di accapigliarsi.
Se poi ci vogliamo accapigliare a tutti i costi, la polemica può prendere altri rivoli e altri argomenti.
Possiamo iniziare a dire che il tuo approccio la materia è più/meno colto del mio, che il vintage è più/meno importante di un'altra cosa, ecc. ecc.
Io penso che tutto ciò che aggiunge informazioni - su una referenza, su una complicazione, su una tecnica di decorazione - è utile: non perché debba interessare tutti, ma per il semplice fatto che può incontrare qualcun altro che lo ritiene utile.
Ma volersi accapigliare a tutti i costi mi sembra poco intelligente tra persone adulte (prima ancora che tra appassionati).